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Suono della voce - Mappa della comunicazione interculturale

Suono della voce

Nella percezione internazionale, (Gannon, 1994) gli italiani sono soliti parlare con un tono di voce piuttosto alto, come segno di partecipazione e di coinvolgimento. Quantomeno nei contesti informali, dunque soprattutto in riferimento alle situazioni conviviali. In linea di massima, questo dato accomuna italiani e sudanesi poiché nel complesso anche i sudanesi adoperano un tono di voce “alto”, nonostante l’analisi del dato evidenzi come l’uso del tono “dipenda anche dalla persona che si ha davanti”, ragion per cui si cerca di abbassare i toni in presenza di “persone anziane o con il proprio capo”. Per i sudanesi il tono elevato “non è un problema”, come del resto sembrerebbe non esserlo per gli italiani. Contrariamente agli italiani che adoperano toni alquanto elevati anche nella fase dello scambio verbale conflittuale, per i sudanesi sembrerebbe che il tono alto “non sia in uso per litigare”, soprattutto con qualcuno più anziano, essendo “segno di maleducazione”.
Il saluto per i sudanesi, musulmani e non, rappresenta un momento quasi ritualistico: sussiste uno scambio di auguri pacifici (as-salaam ?alekum), la domanda “come stai/ tutto bene?” (keyf/ tam?m? Keyf miyya-miyya?), infine, il ringraziamento a Dio in caso di risposta affermativa (al-hamdulillah). Al-hamdulillah può anche sostituire direttamente il riscontro positivo (bene grazie), che rimarrà sotteso nel “Grazie a Dio”. Il tutto, colorato da toni piuttosto elevati e da grande partecipazione emotiva.
Per quanto concerne la velocità di eloquio, in linea di massima, in Sudan, essa è percepita dagli stranieri come “alta” o “molto alta”, seppur la richiesta di parlare più lentamente venga accolta favorevolmente, senza creare dunque, nessun imbarazzo. Mentre, nonostante i toni alti e la velocità di eloquio, interrompere o sovrapporre la voce a quella dell’interlocutore non è, all’unanimità, “considerato un comportamento carino e gentile”, ragion per cui “meglio lasciar finire prima l’interlocutore” e poi esprimere il proprio parere.
Questo aspetto può creare problemi interculturali perché per gli italiani, invece, il fatto di sovrapporre le voci e al limite interrompersi in situazioni di dialogo non conflittuale, non genera nessun problema (cfr. Gannon, 1994, Balboni, Caon, 2015). Sempre secondo i sudanesi, in generale gli italiani tenderebbero normalmente ad interrompere sovrapponendo la propria voce a quella del proprio interlocutore. Quindi, anche in questo caso, si conferma il ‘rischio’ comunicativo da parte degli italiani di risultare involontariamente scortesi. Nonostante la tendenza di massima testé esposta, sussistono comunque delle differenze anche in Sudan in base alla natura del contesto, formale o informale, risultando il secondo un po’ più elastico rispetto al primo.