Spazio: pubblico vs privato

SPAZIO PUBBLICO E PRIVATO:

La modalità di gestire gli spazi (o il proprio spazio) resta un elemento chiave di osservazione per prevenire possibili conflitti interculturali.

Come in Italia, lo spazio può essere di tutti, e quindi difendibile dalla collettività in quanto bene comune, o di nessuno, e quindi risentire di maggiore indifferenza in caso di degrado o disuso. In Sudan gli spazi pubblici tendono ad essere considerati di nessuno. Da qui un certo disinteresse per la cura delle aree comuni, a possibile beneficio della collettività. Diversa è la situazione negli spazi privati, maggiormente curati e soggetti ad una attenzione più visibile.

Un esempio chiaro lo si testimonia nelle zone di parcheggio delle autovetture, zone che in Sudan sono definibili più attraverso il buon senso del guidatore e del suo posizionarsi in sosta piuttosto che da vere e proprie delimitazioni definite nello spazio, nel tempo e con costi eventuali per usufruirne.

In tal senso, la crisi comunicativa interculturale tra un italiano e un sudanese potrebbe risiedere nella differente interpretazione di ciò che chiamiamo “senso civico”. Una visione limitata, etnocentrica, potrebbe portare quindi ad emettere un giudizio negativo in presenza di una diversa gestione dello spazio e delle sue modalità di fruizione.

IL RIEMPIMENTO DELLO SPAZIO:

Più in generale, un possibile confronto interculturale tra un italiano e un sudanese risiede nel concetto stesso di riempimento dello spazio: in Sudan le code ordinate e monodirezionali non sono la regola. Si assiste invece ad un approccio diversamente ordinato che, in una visione tutta italiana, potrebbe essere interpretato come disordine o, peggio, prevaricazione.

In un mercato, in un negozio, presso un ufficio pubblico, non è raro vedersi affiancare e superare da un utente locale che sta acquistando qualcosa o che richiede informazioni. Ad un attenta osservazione, tuttavia, non si rileveranno intenti ostili o prevaricatori in quell’utente: semplicemente sarà stato messo in moto un meccanismo culturalmente autoctono di manifestarsi nello spazio – pur in presenza di altre persone con lo stesso scopo, per di più giunte prima – diverso dai concetti di “fila” e di “ordine” in Italia.

Un interessante fenomeno in tal senso può essere osservato nel traffico.

Il sudanese si contraddistingue in genere per cordialità, amichevolezza e genuina generosità. Tuttavia, alla guida in auto si assiste ad una lotta senza quartiere per la conquista dello spazio libero, a sorpassi avventati e a curve ardite anche partendo dalla corsia opposta. Il tutto, condito con l’uso indiscriminato di clacson ad alto volume e piede “a manetta” sull’acceleratore. Tutti fenomeni che, letti attraverso chiavi di significato altre, porterebbero ad additare il guidatore sudanese come un soggetto malizioso e prevaricatore.

Non è così. Di nuovo, osserviamo una rilevante diversità nella traduzione sudanese del concetto di ordine e di riempimento degli spazi, da tenere in debito conto per prevenire crisi comunicative interculturali ed evitare di emettere giudizi prematuri.

LO SPAZIO LAVORATIVO:

Nonostante vi sia un’attenzione non maniacale nella decorazione di esterni ed interni di edifici pubblici e privati lavorativi, in Sudan le aree dove si concentra la forza lavoro, soprattutto in ufficio, sono piuttosto grandi. Non abbiamo notato particolari carenze di stanze nelle istituzioni o nelle aziende di medio-grandi dimensioni. Anzi.

Di conseguenza, il concetto in espansione a livello internazionale come l’open space – e quindi la condivisione consapevole di spazi lavorativi e di strumentazione come scrivanie o pc – non prende piede in Sudan.

Permangono invece situazioni in cui i funzionari lavorano in stanze singole o al massimo condivise da due, tre colleghi.

LO SPAZIO PER IL TÈ ED IL CAFFÈ:

La proverbiale amichevolezza sudanese genera la necessità di dotarsi di spazi per dialogare.

Alla presenza crescente di bar intesi all’italiana – nel senso di un’area interna con bancone, più o meno curata e decorata, con eventualmente un’area esterna per consumare seduti, con maggiorazione di pagamento – in Sudan proliferano ancora luoghi di incontro all’aperto molto più improvvisati. Essi sono spesso allestiti negli spazi o nei giardini laterali alle strade a scorrimento di autovetture. Si tratta talvolta di esercizi fissi ma, il più delle volte, tali luoghi sono contraddistinti per la mobilità del fornitore di servizi (nella quasi totalità, donne) che allestisce per l’occasione un banco per la preparazione di bevande come tè e caffè, procura seggiole e tavolini e propone prezzi decisamente più bassi rispetto ai locali ufficiali.

È in quei luoghi che tanti sudanesi si incontrano, prendono una pausa, si fermano per dialogare amabilmente davanti ad una bevanda o una bibita. Al di là del prodotto consumato e del suo minor prezzo, ciò che rileva è lo stare insieme attorno al tavolo che rivela una peculiarità profonda del sudanese: il convivio e l’armonia interpersonale come una delle sue espressioni esistenziali migliori.

Il fenomeno nella sua profondità comunitaria si accentua nel periodo sacro del Ramadan, quando anche la condivisione di pasti e di cibo si moltiplica ai lati delle strade in occasione dell’Iftaar, della rottura del digiuno al calar del sole.