Da dieci anni a questa parte, accanto alla nostalgia delle generazioni più anziane per i tempi del benessere (anni ’70 e ’80), prima della guerre jugoslave (1991-1999), è evidente una sorta di reazione euforica post-bellica, con manifestazioni di un edonismo consumista senza denaro e una larga diffusione del credito per le vacanze e lo shopping. Inoltre, c’è una tendenza generalizzata nelle città a investire molto in corsi (lingue straniere, computer, design, cucina) e in attività sportive e ludico-ricreative. Anche le famiglie a basso reddito considerano importante fare sacrifici per dare ai figli l’opportunità di crescita culturale, oltre la scuola pubblica o privata. La mentalità del risparmio appare meno radicata, ma è anche presente una concezione quasi fatalistica del denaro. Tra amici e familiari, a tutti i livelli sociali, è assolutamente normale prestarsi somme di contanti, senza quel senso di vergogna che invece caratterizza noi italiani quando chiediamo un prestito. L’attaccamento della persona al denaro è generalmente disprezzato. Inoltre, come in tutti gli ex Paesi socialisti c’è una classe di nuovi ricchi che hanno accumulato grandi fortune proprio negli anni ’90, traendo vantaggio dall’economia dell’embargo. Essi si distinguono per uno stile di vita improntato all’ostentazione del denaro e di oggetti. Le persone istruite sanno riconoscerli, e ne parlano con sarcasmo oppure non ne parlano volentieri, in quanto l’argomento, sebbene non sia un tabù, va a toccare un periodo piuttosto buio della storia, i cui effetti si fanno sentire ancora oggi.
(Guglielmi L.)