DIALOGO, CONVERSAZIONE, MEETING DI LAVORO:
L’informalità, la compartecipazione emotiva e la sonorità non sempre piacevole sono elementi comuni in un dialogo greco.
La voce è alta, la condivisione serrata e l’interruzione facile.
Il passaggio dal lei al tu è più rapido che in Italia (specie in provincia o comunque nei ceti medio bassi della popolazione). In azienda, così come nelle strutture gerarchiche, generalmente si attende che lo proponga il superiore.
Come già detto, l’interruzione non è considerata una mossa aggressiva dunque non sarà difficile trovare anche più di due Greci dialogare tra loro apparentemente, ed invece star perpetrando una sorta di “addizione di monologhi”.
L’interruzione è atto quasi inconsapevole, naturale, frutto forse di un individualismo (o insicurezza?) del greco che fa prevalere la fase dell’asserzione a quella dell’ascolto.
Di certo, pur essendo l’Italia un paese dove l’interruzione non è certo considerato un atto grave o aggressivo, un dialogo greco risentirà molto più dell’incomprensione dettata dal “parlarsi sopra”.
Un esempio tipico si potrà riscontrare in alcune trasmissioni televisive greche in cui il presentatore e gli ospiti sono visibili nella televisione in cinque sei quadranti disposti in ordine e da cui ognuno di loro dice la sua verità senza a volte nemmeno ascoltare (e come potrebbe?) l’opinione dell’altro.
Incontrarsi per strada e riconoscersi in Grecia, come in Italia, obbliga ad una serie seppur minima di convenevoli. Nelle persone più anziane la tendenza a soffermarsi aumenta, specie se non vi è un oggetto specifico alla base dell’incontro.
Più diretti gli incontri di lavoro, dove i convenevoli sono usati in misura più modesta e soggiacciono alla necessità di andare al dunque più rapidamente.
Nella presentazione di relatori o ospiti d’eccezione si riscontreranno ringraziamenti canonici e complimenti ma senza mai arrivare ad esagerazioni sui titoli o sulle capacità personali o professionali dell’ospite. Anche in Italia, a differenza per esempio di altri paesi come gli Stati Uniti, la presentazione dell’ospite è calorosa ma anche sobria, sostanziale, e non si tinge di pomposità non sentita.
Come detto, il silenzio non è un elemento di cui i greci fanno molto uso. Alla pausa riflessiva si preferisce la condivisione e la necessità di informare l’altro sia verbalmente che con fatti concludenti.
Un informant ci ha detto che tacere significherebbe “non avere nulla da dirsi” e dunque ci si troverebbe di fronte ad una situazione potenzialmente problematica.
Tema a parte sono i meeting di lavoro, specie quelli che avvengono in aziende private che maggiormente risentono l’influsso della globalizzazione e delle tendenze anglosassoni che, sulle relazioni aziendali, hanno sviluppato numerose elaborazioni.
Tuttavia, non si riscontra ancora in Grecia una “scienza” del meeting aziendale: anch’esso risente della natura caratteriale del greco che tende a stemperare ciò che obbliga o impone. Maggior imitazione anglosassone si riscontra invece in Italia dove sempre più si assiste alla strutturazione degli incontri di lavoro attraverso dettagli operativi o una ritualistica acquisita da esperienze manageriali all’estero.
Abbiamo detto del tu e delle interruzioni e anche accennato che in Grecia – come per l’Italia – l’ordine del giorno di un incontro di lavoro è una traccia indicativa.
Il relatore, chi dirige l’incontro di lavoro (o chi prende la parola) non userà molti convenevoli e cercherà di andare al sodo.
Langue in tali incontri una chiara definizione di inizio e fine dell’evento.
I fatti concludenti sono preferiti anche se meno chiari. Soprattutto il finale sarà intuito dai presenti perchè inizierà probabilmente un afflusso spontaneo e disordinato verso la porta d’uscita, quasi mai decretato con ufficialità.
La struttura delle esposizioni dei relatori non segue modelli troppo schematici o essenziali, come ad esempio nei paesi anglosassoni. Pur in un quadro di crescita di modelli stranieri, in Grecia anche un’esposizione di prodotti o uno staff meeting mancherà di essenzialità e abbonderà di retorica.
Non ha molta importanza se il relatore stia in piedi o seduto, esso deve mostrare carisma. Come già accennato nel paragrafo sulla gerarchia, colui che dirige l’evento deve saper coinvolgere gli ascoltatori, farli partecipare, sentire integrati nella conduzione stessa.
Le idee chiare, le soluzioni vincenti sono molto apprezzate.
Anche in un evento espositivo o comunicativo il greco vuol sapere chi comanda, chi dirige e dunque a chi fare riferimento. Tale atteggiamento ricorda in parte quello della popolazione del sud Italia che per secoli è stata abituata più alla figura del capo che a quella della direzione collegiale.
L’attitudine a mediare – presente spesso in Italia nel capo struttura che preferisce “vendere” le proprie idee e dunque mediare con i dipendenti – funziona in Grecia solo in parte, nel senso che l’ascoltatore ellenico gradirà molto la partecipazione che gli è offerta ma potrebbe anche chiedersi il perché della mancanza di carisma o di autorità del conduttore.
Strumenti informatici, microfoni, tele-videoconferenze prendono lentamente piede nelle aziende private, specie in quelle che hanno più a che fare con l’estero o perché sono filiali di imprese estere. Del resto, anche in Italia si assiste ad una crescita di tali strumenti che trovano nei modelli americani la loro maggiore ispirazione.
Infine, se come detto i convenevoli sono utilizzati in modo modesto nelle conversazioni di lavoro in Grecia, ancor meno essi saranno utilizzati in eventi aziendali.
Si preferirà andare al punto per poi magari perderlo in retorica o disorganizzazione che talvolta si riscontra anche nei livelli più alti di dirigenza.
In Lobasso F., Pavan E., Caon F. (2007), Manuale di comunicazione interculturale tra italiani e greci, Perugia, Guerra Edizioni.