Politicamente corretto/scorretto

Per comprendere come gli indiani si pongano nei confronti del “corretto” e “scorretto” occorre fare un passo indietro. In India, mancando un codice morale codificato, di qualunque natura (religiosa, laica ecc.) il concetto di cos’è giusto e di cos’è sbagliato è, come è stato detto anche in altre voci, molto fluido e legato al contesto nel quale ciò si verifica. Bene e male, giusto e sbagliato, accettabile e non accettabile: sono tutte coppie di opposti che, escludendosi a vicenda, trovano ben poco posto in una società che è per natura inclusiva e per tradizione – quantomeno in gran parte – non dualista. Nella pratica, potrà benissimo darsi che coesista un atteggiamento politicamente corretto a parole, ma non nei fatti: ciò avviene specialmente in situazioni che vedono l’incontro con l’occidente e non deve essere inteso come mera ipocrisia, ma piuttosto come il tentativo di far sentire a proprio agio un interlocutore che altrimenti rimarrebbe spiazzato da certe situazioni, opinioni e valori che lo trovano in netto contrasto. Così, ad esempio, molti indiani che si considerano moderni – o vogliono essere considerati tali – si dichiareranno pubblicamente a favore del fatto che le donne lavorino e abbiano le medesime opportunità degli uomini in termini di carriera, tuttavia, la grande maggioranza delle mogli, sorelle e madri di coloro che affermano ciò, saranno probabilmente casalinghe o, in ogni caso, privilegeranno la famiglia rispetto alla carriera.

Spiegare come gli indiani intendano il politicamente corretto o scorretto, inoltre, risulta ulteriormente difficile poiché, e lo si deduce da quanto detto sino ad ora, gli opposti convivono e il sistema di valori è assai diverso da quelli che l’occidente ha abbracciato. Ideali come l’uguaglianza, i diritti per tutti, la fratellanza ecc. non trovano posto in India, quantomeno non nel modo in cui l’occidente li ha intesi. Tuttavia, e da qui si può dedurre la complessità e la difficile comprensione del contesto culturale indiano, stiamo parlando della più grande democrazia del mondo.

(Betto M.)