Gerarchia e status

GERARCHIA TRA CONNAZIONALI:

Il Sudan è un paese multietnico, multireligioso, multiculturale, variegato e complesso, la cui diversità intrinseca non sempre è di agevole gestione. Le dinamiche interetniche, interreligiose, intertribali e persino interclaniche sono molto presenti nella vita sociale sudanese e ne regolano relazioni, apparentamenti e alleanze. La presenza di 17 Stati, uniti sotto un sistema federale, rende cruciale il rapporto centro/periferia, condizione da cui si evidenzia la necessità per un non sudanese di capire a fondo le regole gerarchiche e di potere (usiamo talvolta i termini come sinonimi, ben consapevoli delle rispettive differenze semantiche) su cui reggono le strutture e le entità pubbliche e private.

A dispetto di una tolleranza e di una tendenza innata sudanese all’accettazione della diversità, esiste una stratificazione sociale sia di tipo verticale sia di tipo orizzontale da cui scaturiscono consuetudini, aspettative, limiti e consensi. Ciò è visibile sia a livello lavorativo (in politica, ad esempio, dove il principio di rappresentatività anche etnica è molto importante) sia a livello personale.

In quest’ultimo caso, la natura dei matrimoni e la talvolta sperimentata ristrettezza della scelta dello sposo o della sposa, lasciano trasparire una velata preferenza sociale sudanese per un compagno/a di vita dalle radici socioeconomiche il più possibile comuni.

La gerarchia sudanese è abbastanza esplicita. Il capo, specie nelle strutture lavorative più articolate come quelle pubbliche ed istituzionali, si riconosce dall’aspetto, dalle persone attorno, dal rispetto che gli altri gli manifestano. In questo, vi è una certa similarità con il concetto gerarchico italiano, dove parimenti una posizione di comando è facilmente riconoscibile.

Tuttavia, proprio per la ramificazione sociale sopra descritta, sarà importante comprendere come per i sudanesi, la famiglia, il clan, la tribù, l’etnia, lo stato federato hanno i loro capi, i loro vertici gerarchici con i quali sarà importante interagire nelle attività lavorative quotidiane. Ad esempio, un progetto di cooperazione allo sviluppo da svolgere in uno stato sudanese periferico non potrà non tenere conto di tutta una serie di dinamiche relazionali da imbastire con le figure apicali di quello Stato, e finanche della concentrazione etnico-tribale di maggioranza.

In Italia la gerarchia è principalmente di tipo impermeabile. Ciò significa che nella maggioranza di strutture complesse, la base può comunicare con il vertice solo attraverso il filtro di figure intermedie.

In Sudan la gerarchia è maggiormente permeabile. Pur nel rispetto di chi ha responsabilità di comando, la distanza tra vertice e base si riduce, e quest’ultima ha possibilità più dirette di contatto e di comunicazione con le figure apicali. In questo, la stratificazione familiare e parentale molto estesa in Sudan, nonché un senso condiviso di comunità basato anche e soprattutto su radici socio-religiose, facilita detto contatto e agisce da fluidificante per connettere base e vertice.

GERARCHIA  CON GLI STRANIERI:

Le dinamiche di gerarchia e di potere sopra descritte tendono a stemperarsi nel rapporto con gli stranieri.

Lo straniero, in genere, è positivamente accolto e considerato e, in caso di occidentali, anche molto rispettato. Il Sudan è un paese aperto alla diversità di cui gli stranieri sono portatori: un paese tollerante, amichevole nei confronti dei membri della comunità internazionale. La decolonizzazione delle decadi passate non ha prodotto particolari sentimenti di revanche contro lo straniero

Esiste tuttavia un palpabile distinguo, specie nelle classi sociali meno aperte alla diversità, tra l’essere sudanese ed essere un qawaja, uno straniero. Il termine non è dispregiativo, come potrebbe capitare in altre culture, ma definisce con chiarezza lo straniero e quindi la differenza da un autoctono. In fondo, il senso di comunità, specie se basato su imperativi di tipo religioso come in Sudan, porta necessariamente ad operare una differenziazione, talvolta sotto forma di distanza, anche se non ostile, nell’intento di preservare usi, costumi, consuetudini, imperativi e obblighi che possono essere modificati dalla eccessiva mescolanza conseguente al contatto con la diversità.

Il tutto, comunque, in un quadro comunque di grande apertura e di cordialità nei confronti di chi è straniero.

Una delle manifestazioni più evidenti di tale apertura si riscontra negli inviti a eventi conviviali come cene, matrimoni, festeggiamenti. In particolare nelle citate occasioni di Iftaar durante il mese Ramadan abbondano gli inviti a stranieri nelle case sudanesi per condividere momenti di armonia legati allo stare alla stessa tavola. Più l’incontro interculturale avverrà in periferia e maggiormente lo straniero sarà accolto con amicizia.

L’italiano gode in Sudan di grande simpatia e rispetto, ed è visto a sua volta come un portatore di amicizia, di cultura e di bellezza. Per questo motivo gli italiani sono molto amati, anche in termini lavorativi. Tale sentimento si manifesta con ottimi rapporti gerarchici nel caso in cui il responsabile di una struttura di comando è italiano e parte della forza lavoro è sudanese. Un esempio chiaro di tale armonia lavorativa si riscontra all’interno delle istituzioni italiane operanti in Sudan (come la Cooperazione Italiana) dove la presenza di forza lavoro sudanese raramente crea problematiche legate alla gerarchia con i responsabili delle strutture.

GERARCHIA E RISPETTO PER IL CAPO:

In Sudan chi dirige porta soluzioni. Pur in un’atmosfera di condivisione e di rispetto per le altrui idee, la figura del capo, sia nelle strutture pubbliche che private sudanesi, deve decidere.

Raramente si assisterà ad un passaggio di ordini o istruzioni basato sulla violenza verbale. In genere nell’impartire un compito ci sarà sempre una certa pacatezza e un tono di voce non aggressivo, ma di certo assertivo. Il “trattare male” i propri dipendenti non rientra (a livello di sentire sudanese generale) nelle corde locali. Un elemento, questo, che ci dà un importante suggerimento in termini di collaborazioni interculturali in ambito commerciale, dove un capo italiano di una struttura mista italo-sudanese potrà ottenere il meglio dai suoi dipendenti attraverso il dialogo, il rispetto, la chiarezza espressiva e in definitiva la decisione assertiva e non scortese.

D’altro canto sarà difficile vedere dipendenti sudanesi in aperto contrasto con il loro capo. La parola sarà presa solo se interpellati, e comunque in modo sommesso, e le decisioni del capo o le sue istruzioni non verranno apertamente discusse.

Come per alcuni paesi come l’Italia – in un quadro che pure ha visto rapidi cambiamenti negli ultimi decenni – l’ordine gerarchico è direttamente proporzionale alla differenza di età.

In Sudan vige ancora l’equazione “esperienza acquisita/posto di comando” ed è raro, specie nelle istituzioni pubbliche, trovare giovani che ricoprano posti di massimo potere.

L’incontro gerarchico si manifesta quasi sempre in Sudan in modalità evidente, chiara. Nei confronti del capo vi è deferenza sia negli atteggiamenti corporali che nei modi di comunicare, salutare, accomiatarsi. Nessuna esagerazione, anche una certa informalità ma con evidenza chiara su chi comanda e chi semplicemente collabora.

Il dialogo tra capo e dipendenti può essere franco e non mancherà l’occasione per tutti per esprimere la propria opinione. Tuttavia, in linea con quanto sopra descritto, una linea rossa di distanza non sarà oltrepassata e, alla fine, vi sarà una sola voce decisiva, un’opinione prevalente ed un comando proveniente dal più in alto della scala gerarchica.

INDICATORI DI RUOLO GERARCHICO:

Come detto, la gerarchia in Sudan è un valore che si manifesta esplicitamente, come del resto accade in Italia. Un capo è visibile da una serie di indicatori che vanno da un auto di grossa cilindrata, a vestiti più eleganti e/o anelli pregiati, da bastoni intarsiati a suppellettili di maggior pregio in spazi in ufficio più ampi, dal maggior numero di persone che lavorano per lui a un posizionamento ai piani alti dell’edificio.

Per le donne, uno status sociale superiore (specie in termini di famiglie altolocate o danaro) potrà essere rivelato dalla presenza di monili d’oro a corredo dell’abbigliamento.

Una curiosità: talvolta la figura del capo, specie a livello tribale e nelle aree più periferiche del paese, si manifesterà con la presenza di scarpe per così dire stravaganti (da un punto di vista di uno straniero), e cioè una sorta di pantofole di lusso ricoperte da pelle (di coccodrillo, di serpente) o da pellame maculato (come potrebbe essere quello di tigre o ghepardo).

Anche in Italia, tranne alcune eccezioni, la gerarchia si manifesta più o meno con simboli e segnali chiari.

Un elemento culturale importante da sottolineare nelle interlocuzioni con i sudanesi che ricoprono ruoli di comando, è la possibilità che in eventi conviviali ufficiali essi vestano in modo differente a seconda dell’occasione: talvolta il sudanese vestirà con abiti che ricordano usi occidentali, come giacca e cravatta; altre volte essi indosseranno il tradizionale costume sudanese, la jallabia, una sorta di tunica bianca con turbante (emma), usata soprattutto in occasione di feste e cerimonie (spesso serali). L’elemento non è da sottovalutare in quanto può comportare, specie nelle prime occasioni di incontro, un certo smarrimento per lo straniero inconsapevole, che potrebbe stentare a riconoscere l’interlocutore incontrato nei giorni precedenti in camicia e pantaloni.

Tale cambio di vestiario dovrebbe per lo più essere legato all’importanza o meno dell’occasione conviviale, nel senso che vestire in modo tradizionale scandisce in modo più sentito la partecipazione sudanese all’occasione importante; pure, come riferito da alcuni informant, la calura dei mesi più torridi e la necessità di vestirsi in modo molto leggero potrebbero ben essere stimoli maggiori all’uso della jallabia rispetto alla giacca.

In alcuni casi in Sudan la gerarchia è visibile non solo a livello interpersonale ma altresì interistituzionale, con una cura maggiore per l’ambiente e per gli spazi lavorativi per alcune entità rispetto ad altre. Parliamo soprattutto di importanti strutture governative, considerate prioritarie per il funzionamento dell’architettura istituzionale del Paese e quindi premiate con maggiori stanziamenti per la cura dei rispettivi edifici.

GERARCHIA E REDDITO:

Come nella maggior parte dei paesi al mondo, anche in Sudan un posto di comando viene retribuito con uno stipendio maggiore.

Riscontriamo tuttavia una certa differenza con l’Italia nei livelli retributivi di cariche apicali in alcune istituzioni pubbliche (ministeri, organi politici). In Sudan il livello delle retribuzioni in tal senso è decisamente più basso, quasi a sottolineare la prevalenza del carattere di servizio alle istituzioni rispetto alla retribuzione stessa.

Al contrario, quasi a compensazione del dislivello sopra citato, si osserva – specie negli organismi pubblici – una concessione più generosa di benefit temporanei, come ad esempio la partecipazione in numero elevato (rispetto alla composizione media di una delegazione italiana) di unità inviate in missione per partecipare ad un evento internazionale.

In generale, l’ostentazione gerarchica fuori luogo non sembra essere nelle corde sudanesi, anche ai livelli più alti. Una certa sobrietà appare da subito nei comportamenti di chi ricopre ruoli di alto e altissimo livello nelle istituzioni pubbliche e private.

Diversa è la situazione nelle abitazioni private. Suppellettili, decorazioni importanti, ampiezza di spazi ed eleganza (sempre in termini relativi) di mobili e rifiniture sono tutti elementi visibili e sicuramente superano la sobrietà che caratterizza le case sudanesi di chi non ricopre ruoli apicali.