Fair play, onestà, lealtà

ONESTÀ:

Il sudanese preferisce impostare le sue relazioni su basi armoniche, comunicativamente produttive, amichevoli. In grande generalizzazione, ciò rientra nella sua natura ed è per questo che gli stranieri nella maggior parte dei casi si sentono in Sudan molto ben accolti.

Il sudanese è onesto, affidabile nella sua parola, magari disorganizzato e meno capace di imbastire strategie di lungo periodo – cosa che potrebbe generare imprevisti e cambi di programma – ma in genere ciò non accade per disonestà. Nei negoziati, nelle relazioni personali e professionali il sudanese mantiene alto sia il livello di onestà comportamentale che concettuale, cosa che facilita il rapporto con la diversità.

Forse sono più la discrezione e la timidezza a creare qualche ostacolo ad una profonda ed immediata conoscenza del sudanese. Nei primi incontri conoscitivi, in genere, i sudanesi non si lanciano in grandi condivisioni personali né forniscono informazioni esaustive su di sè o sulle tematiche su cui sono interrogati. Trattasi, ripetiamo, di riservatezza in un quadro di onestà e di veridicità nei rapporti umani.

Nel commercio, nel rapporto interpersonale a scopo professionale, sono molte le testimonianza di persone intervistate che rimandano un’immagine di un sudanese affidabile, sincero e onesto con il quale si desidera continuare a fare affari.

DIGNITÀ:

Il valore della dignità nel mondo arabo e ancora di più in quello musulmano è particolarmente rilevante. Si cerca di evitare la perdita della dignità, che talvolta si manifesta sotto forma di “perdita della faccia” nel corso di una discussione o di un rimprovero.

Chiedere scuse ufficiali, fare ammettere platealmente un errore, umiliare l’interlocutore chiedendo una confessione per un’eventuale malefatta sono pretese che, a differenza di quanto si assiste con molta più frequenza in Italia, non dovrebbero essere perseguite con ostinatezza.

Molto meglio sarebbe l’adozione di correttivi indiretti, di accorgimenti pratici che in qualche modo ristabiliscano la situazione di equilibrio nel confronto, evitando mortificazioni.

La perdita della dignità in fondo è la perdita di onore per un sudanese, davanti al cui rischio è possibile una difesa ad oltranza, anche attraverso la negazione ripetuta di evidenze manifeste.

Per fornire un ulteriore spunto sul tema: un informant italiano della Cooperazione Italiana allo sviluppo ci ha raccontato che, nella fase di ideazione e pianificazione con le autorità locali di un progetto a beneficio delle fasce più deboli della popolazione (in gergo, fasce vulnerabili), queste ultime abbiano richiesto con una certa assertività l’eliminazione dal titolo del progetto del termine “vulnerabile”.

Un modo, forse, per comunicare un disagio rispetto ad un comune senso di dignità sociale.